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Cassazione: valida la contestazione disciplinare mossa dal Direttore regionale


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Con l’ordinanza n. 29892 del 18.11.2019, la Cassazione afferma che risulta legittima l’identificazione dell'Ufficio dei procedimenti disciplinari con il Direttore regionale dell’Ente, a condizione che venga rispettato il canone di terzietà dell’organo giudicante rispetto all’ambiente lavorativo del dipendente coinvolto.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per undici giorni irrogatagli per avere svolto attività remunerate incompatibili con il servizio quale pubblico dipendente.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che la contestazione era stata eseguita il 02.12.2009 dal Direttore Generale dell’Ente per l'Abruzzo, nonostante a quella data fosse entrata in vigore la nuova disciplina della c.d. riforma Brunetta, che imponeva la nomina di un nuovo Ufficio per i procedimenti disciplinari.

L’ordinanza

La Cassazione, ribaltando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che è ben possibile che via sia l'identificazione dell'Ufficio dei procedimenti disciplinari con il Direttore regionale, posto che la posizione di vertice di tale soggetto garantisce la terzietà dell’organo giudicante ed il rispetto dell'esigenza di evitare che la cognizione disciplinare avvenga nell'ambito dell'ufficio di appartenenza del lavoratore.

Secondo i Giudici di legittimità, il legislatore con il D.Lgs. 150/2009 non ha ritenuto di dover imporre ulteriori vincoli alle amministrazioni ed anzi, attraverso il richiamo all'ordinamento proprio di ognuna di esse, ha inteso sottolineare la necessità di procedere all’individuazione dell'Ufficio dei procedimenti disciplinari nel rispetto delle esigenze organizzative di ciascun Ente.
Ciò senza imporre requisiti particolari per i soggetti chiamati a comporre l'ufficio medesimo, diversi da quelli meramente finalizzati ad assicurare la richiesta terzietà rispetto alla struttura di appartenenza del lavoratore coinvolto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della P.A., affermando la legittimità della contestazione disciplinare mossa dal Direttore regionale.

A cura di Fieldfisher