Con l’ordinanza n. 35617 del 20.12.2023, la Cassazione afferma che per l’integrazione della "colpa grave da parte della lavoratrice", tale da giustificare il recesso della stessa entro l’anno di età del figlio, non è sufficiente accertare la sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo, essendo invece necessario verificare se sia presente quella diversa colpa specificatamente prevista dalla norma.
Il fatto affrontato
La lavoratrice, socia e dipendente della cooperativa, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole per aver depositato un ricorso per decreto ingiuntivo, basato su false affermazioni, con cui aveva vantato un inesistente credito nei confronti della società, in contrasto con l'atto di cessione delle quote in cui aveva dichiarato espressamente di nulla più avere a pretendere.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo sproporzionato il recesso peraltro irrogato ad una lavoratrice madre nel primo anno di età del bambino.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che la colpa grave da parte della lavoratrice, costituente una eccezione al divieto di poter licenziare le lavoratrici madri fino al compimento di un anno del bambino, configura un'ipotesi di colpa più qualificata.
Ciò, continua la sentenza, sia dal punto di vista soggettivo, in ragione delle specifiche condizioni psico - fisiche in cui versa la donna madre, sia dal punto di vista oggettivo, comprendendo situazioni più complesse rispetto ai comuni schemi previsti dal codice e dalla contrattazione collettiva come giusta causa di licenziamento.
Secondo i Giudici di legittimità, ne consegue che la mera sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo di licenziamento non è sufficiente a legittimare il recesso dal contratto con la dipendente entro l’anno di età del figlio.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma l’illegittimità dell’impugnata sanzione espulsiva.
A cura di Fieldfisher