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Cassazione: licenziamento in maternità legittimo solo con cessazione definitiva dell’attività di impresa


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Con l’ordinanza n. 35527 del 19.12.2023, la Cassazione afferma che la cessazione dell'attività, unica causale legittimante il recesso della lavoratrice nel primo anno di età del figlio, va interpretata in maniera rigorosa e può integrarsi solo in assenza di qualsivoglia continuazione dell’impresa.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole dal fallimento della società datrice durante la fruizione del congedo obbligatorio per maternità.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda e dichiara la nullità del recesso, dal momento che non era emerso, agli atti di causa, che si fosse verificata la cessazione totale dell'attività di impresa.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che l’unico motivo che consente all’azienda di licenziare una lavoratrice madre prima del compimento di un anno di età del figlio è la cessazione dell’attività.

Secondo i Giudici di legittimità, il concetto di cessazione dell’attività che prevede una deroga al divieto di licenziamento deve essere considerato in senso sostanziale e non formale.

Per la sentenza, ciò significa che deve essere esclusa, dal perimetro operativo della cessazione di azienda come innanzi considerata, ogni possibilità che comporti, in qualche modo, la continuazione o la persistenza dell'impresa, a qualsiasi titolo essa avvenga.

Su tali presupposti, visto che nel caso di specie erano in corso attività conservative dell'impresa al momento dell’impugnato recesso, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal fallimento e conferma la nullità del licenziamento.

A cura di Fieldfisher