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Cassazione: la mancata prova in tema di repechage non comporta la reintegra del lavoratore


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Con la sentenza n. 26460 del 17.10.2019, la Cassazione afferma che, in caso di declaratoria di illegittimità di un licenziamento per g.m.o., ai fini dell’applicazione della tutela reintegratoria non è sufficiente che il datore non abbia adeguatamente provato l'impossibilità di ricollocare il dipendente nella propria organizzazione (sul medesimo tema si veda: Il repechage nella giurisprudenza).

Il fatto affrontato

La lavoratrice, addetta alle pulizie, impugna giudizialmente il licenziamento per g.m.o. irrogatole, deducendo – a fondamento della propria pretesa – di poter essere ricollocata con le stesse mansioni presso altri appalti detenuti dall’impresa datrice.
La Corte d’Appello accoglie parzialmente la predetta domanda, dichiarando illegittimo il recesso per l’assenza di idonea prova circa la impossibilità di effettuare il repechage, ma riconoscendo, a fronte di ciò, solo la tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 5, l. 300/1970.

La sentenza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la verifica del requisito della "manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento" - che, ai sensi di quanto previsto dall'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, comporta la reintegra del dipendente - concerne entrambi i presupposti di legittimità del recesso e, quindi, sia le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro sia l'impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (c.d. repechage).

Per i Giudici di legittimità, la manifesta insussistenza va riferita, quindi, ad una evidente e facilmente verificabile sul piano probatorio, assenza dei suddetti presupposti, che consenta di apprezzare la chiara pretestuosità del recesso.

Secondo la sentenza, pertanto, l’assenza di una prova sufficiente circa l'impossibilità di reperire una posizione lavorativa compatibile con la professionalità del lavoratore licenziato non è sussumibile nell'alveo della manifesta insussistenza e, come tale, non dà diritto alla tutela reintegratoria.

Applicando tali principi al caso di specie, la Suprema Corte respinge il ricorso della lavoratrice, confermando il diritto della stessa a vedersi riconosciuta esclusivamente un’indennità risarcitoria.

A cura di Fieldfisher