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Legge di bilancio 2021 : Divieto di licenziamento e deroghe


licenziamento

Con la finalità di dare ulteriore continuità ai rapporti di lavoro nell’attuale fase di emergenza da Covid-19, la Legge di Bilancio 2021 interviene nuovamente in materia di licenziamenti collettivi e per giustificato motivo oggettivo. 

In particolare, i commi 309 e 310 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2021 estendono, fino al 31 marzo 2021, il periodo entro il quale resta preclusa ai datori di lavoro la possibilità di avviare le procedure di licenziamento collettivo e di esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, salvo specifiche eccezioni.  

Nei medesimi commi sono, altresì, dichiarate sospese di diritto, sempre fino al 31 marzo 2021, le procedure di licenziamento collettivo già avviate successivamente al 23 febbraio 2020 e le procedure già avviate inerenti l’esercizio della facoltà di recesso dal contratto per giustificato motivo oggettivo. 

L’estensione fino al 31 marzo 2021 delle preclusioni e delle sospensioni in oggetto si ricollega alla previsione, contenuta nella medesima Legge di Bilancio 2021, di un ulteriore periodo massimo di dodici settimane di trattamenti di integrazione salariale per periodi intercorrenti tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 per i trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, e tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di Assegno ordinario e di Cassa integrazione in deroga. 

Il successivo comma 311 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2021 estende, fino al 31 marzo 2021, le deroghe alle preclusioni in materia di licenziamento, introdotte dall’art. 14, comma 3, D.L. n. 109/2020 (cd. Decreto Agosto) e confermate successivamente dall’art. 12, comma 11, D.L. n. 137/2020. 

Si riepilogano qui di seguito i divieti in tema di licenziamenti che il datore di lavoro sarà tenuto a rispettare fino al 31 marzo 2020 e le relative deroghe. 

 

A. Le procedure di licenziamento collettivo 

Con riferimento ai licenziamenti collettivi, ai sensi dell’art. 1, comma 309, Legge di Bilancio 2021, resta precluso al datore di lavoro, fino al 31 marzo 2021, l’avvio delle procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223. 

Costituiscono procedure di licenziamento collettivo ex artt. 4, 5 e 24, L. n. 223/1991: 

  • la procedura avviata dall’impresa ammessa alla cassa straordinaria di integrazione salariale che, nel corso del periodo di sospensione, ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative;
  • la procedura avviata da imprese che occupano più di 15 dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o di una trasformazione di attività o di lavoro, intende effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio della stessa provincia.

Le procedure di licenziamento collettivo si considerano avviate alla data di ricezione della comunicazione preventiva che il datore di lavoro è tenuto ad inviare alle organizzazioni sindacali e agli Uffici pubblici competenti ai sensi dell’art. 4, comma 2, L. n. 223/1991.

Sempre fino al 31 marzo 2021, sono sospese le procedure di licenziamento collettivo avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020 (ossia a partire dal 24 febbraio 2020). In particolare, sono sospesi tutti i termini che caratterizzano le diverse fasi delle procedure in questione.

Il comma 309 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2021 conferma, infine, che non sussiste alcuna preclusione nell’ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto.

 

B. I licenziamenti per giustificato motivo oggettivo

Con riferimento ai licenziamenti individuali, ai sensi dell’art. 1, comma 309, Legge di Bilancio 2021, resta preclusa al datore di lavoro, fino al 31 marzo 2021, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 Legge 15 luglio 1966, n. 604.

Il licenziamento intimato ai sensi dell’art. 3 L. n. 604/1966 è il licenziamento determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva, l'organizzazione del lavoro e il suo regolare funzionamento.

Sempre fino al 31 marzo 2021, si considerano sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all’art. 7 L. n. 604/1966.

Procedura, quella ex art. 7 L. n. 604/1966, richiesta per le imprese di maggiori dimensioni, nel caso in cui si intenda procedere al licenziamento, sempre per giustificato motivo oggettivo, di dipendenti assunti prima del 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23).

 

C. Le deroghe al divieto di licenziamento

Ai sensi all’art. 1, comma 311, Legge di Bilancio 2021, le preclusioni e le sospensioni in materia di licenziamenti non si applicano:

a) nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c);

b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

c) nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo; a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (Naspi), ai sensi dell’art. 1 D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22.

Tra le predette deroghe al divieto di licenziamento, una particolare attenzione merita l’ipotesi relativa alla sottoscrizione di un accordo sindacale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Nell’ipotesi in questione, la cessazione del rapporto di lavoro non identifica un licenziamento ma una risoluzione consensuale. L’effetto estintivo si produce, infatti, soltanto a seguito della adesione espressa volontariamente da ogni singolo lavoratore.

L’art. 1, comma 311, Legge di Bilancio 2021, richiede la sottoscrizione di un accordo sindacale aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Non essendo previsto che gli accordi sindacali possano essere sottoscritti solamente dalle RSU o alle RSA, si ritiene necessario il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali di categoria.

Gli accordi possono essere sottoscritti dalle strutture territoriali di categoria. In ogni caso, riferendosi la disposizione normativa al plurale, è opinione comune che gli accordi debbano essere stipulati da almeno due organizzazioni sindacali.

Quanto all’individuazione delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le stesse possono essere identificate nelle organizzazioni di categoria della CGIL, CISL e UIL, firmatarie del CCNL del settore di riferimento dell’azienda coinvolta.

Quanto al contenuto degli accordi sindacali, nell’art. 1, comma 311, Legge di Bilancio 2021, si fa riferimento esclusivamente alla presenza di un “… incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro”. 

L’accordo aziendale può assumere, quindi, contenuti diversi in base alle scelte di volta in volta compiute dalle parti.

In particolare, nell’accordo sindacale, oltre alla quantificazione dell’incentivo economico ed ai relativi termini di corresponsione, si potrà far riferimento al numero massimo delle risoluzioni incentivate, ai criteri per l’identificazione dei lavoratori che possono accedere alle risoluzioni ed ai termini temporali per l’adesione dei singoli lavoratori.

L’art. 1, comma 311, Legge di Bilancio 2021 non prevede alcuna forma o modalità particolare per l’adesione dei singoli lavoratori agli accordi collettivi.

Le parti potranno, dunque, optare per una semplice dichiarazione scritta con la quale il singolo lavoratore manifesta la propria volontà di aderire all’accordo sindacale.

Tuttavia, trattandosi di una cessazione del lavoro, è possibile prevedere che l’adesione del singolo lavoratore avvenga per mezzo di un accordo sottoscritto in “sede protetta” ai sensi dell’art. 2113 c.c. e degli artt. 410 e 411 c.p.c. La predetta soluzione consentirebbe:

 

  • di ottenere dal lavoratore una valida rinuncia a eventuali ulteriori pretese in relazione al rapporto di lavoro e alla sua cessazione;
  • di evitare la procedura telematica di conferma della risoluzione, prevista dall’art. 26 D.Lgs. n. 151/2015.

Infine, sebbene la norma non ne faccia menzione, si ritiene che in relazione alle risoluzioni di cui si discute debba essere corrisposto dal datore di lavoro il “ticket di ingresso” alla NASpI, così come avviene per le risoluzioni consensuali definite ai sensi dell’art. 7 L. n. 604/1966.

Avv. Andrea Lucà - Fieldfisher