Con la sentenza n. 605 del 2025 depositata il 10.10.2025 il Tribunale di Belluno ha negato ad una lavoratrice madre, addetta al marketing, il diritto di lavorare anche parzialmente da remoto, riconoscendo dominanti le esigenze aziendali a fronte dell’impossibilità di fruire utilmente delle prestazioni lavorative della dipendente in tale modalità.
Il fatto
La Lavoratrice adiva l’Autorità Giudiziaria rivendicando in via di urgenza il riconoscimento del proprio diritto a lavorare da casa, attesa la distanza dalla sede di lavoro e la necessità primaria di accudire due figli minori di cui un neonato, vedendosi altrimenti costretta a consumare in breve tempo i congedi parentali ex lege previsti.
La ricorrente accusava la società datrice di una gestione del rapporto di lavoro contraria a buona fede e correttezza, financo discriminatoria, potendo svolgere le proprie mansioni da remoto.
La sentenza
Il Tribunale di Belluno ha ripercorso puntualmente i diritti riconosciuti ai lavoratori, specie se chiamati ad assolvere a compiti genitoriali, ripercorrendo la normativa anche di matrice europea che pur in assenza di un diritto positivo di ottenere il c.d. lavoro agile, riconosce il diritto di non subire discriminazioni (positivamente sancito dall’art. 55 bis del D.lgs. 198/2006) e di pretendere l’applicazione al contratto di lavoro dei principi generali che lo regolano, e in particolare quelli di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede nell’esecuzione (art. 1375 c.c.).
Il Giudice del Lavoro pur escludendo che il datore di lavoro abbia l’onere di garantire ai genitori ogni più agevole soluzione per bilanciare le esigenze della genitorialità con il lavoro svolto, poiché già garantite dal Legislatore con la previsione di diversi congedi fruibili, ha sancito la necessità di verificare se parte datoriale si sia condotta secondo buona fede nell’esecuzione del contratto, nel rispetto di un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, e di adottare a tal fine dei ragionevoli accomodamenti.
Muovendo da tali premesse, il Tribunale ha rigettato le pretese della Lavoratrice evidenziando che l'assetto organizzativo che la Società si era data nell'esercizio dei propri poteri ex art. 41 della Costituzione, era aderente al dettato normativo e non presentava alcuna incongruità, poichè la prestazione in lavoro agile non era stata negata ove ciò era stato possibile, ma solo quando erano sorte concrete esigenze che avevano reso le mansioni da remoto non utili allo scopo prefissato, legittimando la Società a richiedere il lavoro in presenza.
Caterina Dal Mas Senior Counsel, WST Law & Tax
