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Cassazione: l’indennità di disoccupazione non è detraibile come aliunde perceptum dal risarcimento riconosciuto al lavoratore


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Con la sentenza n. 11989 del 16.05.2018, la Cassazione afferma che l'indennità di disoccupazione non è detraibile come aliunde perceptum dal risarcimento riconosciuto al dipendente illegittimamente licenziato, posto che la stessa difetta del requisito della definitività, consentendo all’Istituto previdenziale di ripetere tutte le somme corrisposte al lavoratore.

Il fatto affrontato

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello riconoscono al prestatore, illegittimamente licenziato, oltre alla reintegra nel luogo di lavoro, il risarcimento del danno in misura pari a tutte le retribuzioni perdute dall’espulsione sino alla riammissione in servizio, detratto a titolo di aliunde perceptum, quanto ricevuto nel medesimo periodo dal lavoratore a titolo di indennità di disoccupazione, conseguenza immediata e diretta del recesso.
Avverso quest’ultima statuizione, il dipendente propone ricorso per cassazione.

La sentenza

La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte di Appello, afferma che in tema di aliunde perceptum, le somme percepite dal lavoratore a titolo di indennità di disoccupazione non possono essere detratte da quanto egli abbia ricevuto come risarcimento del danno per il mancato ripristino del rapporto di lavoro.
Infatti, detta indennità opera su un piano diverso dagli incrementi patrimoniali che derivano al lavoratore dall'essere stato liberato, anche se illegittimamente, dall'obbligo di prestare la sua attività.

Ciò è suffragato, secondo i Giudici di legittimità, dal fatto che vi è una mancanza di definitività e di stabilità nel tempo dell’erogazione della citata indennità, poiché l'Istituto previdenziale, una volta comunicatagli la riammissione in servizio del beneficiario, provvede alla ripetizione di quanto corrisposto, essendo venuto meno ex tunc il presupposto del diritto dell'assicurato alla prestazione.
Conseguentemente le relative somme, conclude la sentenza, non possono configurarsi come un effettivo incremento patrimoniale del lavoratore detraibile dall'ammontare del risarcimento del danno dovuto dal datore di lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal dipendente, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

A cura di Fieldfisher