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Stop Reddito di cittadinanza. Arriva MIA : Importi al ribasso e platea ristretta


Il Reddito di cittadinanza è ormai prossimo al pensionamento, in primavera o al massimo entro l’estate uscirà di scena per lasciare il posto alla nuova Misura di Inclusione Attiva ( MIA ). 

Se verranno rispettate le tempistiche, la fine di marzo 2023 dovrebbe coincidere con l'approdo in Consiglio dei Ministri del Disegno di Legge. L’obiettivo del Governo è quello di smarcare il provvedimento entro l’estate, visto che il contenuto è già stato in parte stabilito dalla Legge di bilancio 2023

Reddito di cittadinanza : Le novità della Legge di Bilancio 2023 

L’ intervento nasce dalla volontà di risolvere il tema delle politiche attive e di spostare quello che oggi è un semplice sussidio ad un percorso di politica attiva. Un’ obbiettivo che può dirsi davvero ambizioso visti i risultati raggiunti sino ad oggi .

Nelle intenzioni del Governo : 

Stretta alla platea dei beneficiari – La percezione dell’assegno sarà legato all’ISEE, con un netto taglio per quanto riguarda il tetto: dagli attuali 9.360 euro si passerà ai futuri 7.200 euro, mentre per il requisito della residenza si passerà da 10 a 5 anni. 

Il testo in preparazione distingue tra due differenti categorie di potenziali beneficiari : le famiglie povere con soggetti senza possibilità di accesso lavorativo e le famiglie povere con occupabili. 

Nel primo caso, all’interno del nucleo familiare dovrà essere presente un soggetto minorenne o un anziano over 60 o con disabilità. L’importo per questa categoria sarà pari a 500 euro. 

Per quanto concerne invece la categoria degli occupabili, nella famiglia dovrà figurare un soggetto compreso tra i 18 e i 60 anni di età che percepisce già l’attuale Reddito di Cittadinanza con durata di 7 mesi o con scadenza entro il 31 dicembre 2023. Per questa seconda tipologia di percettori, l’importo sarà di 375 euro mensili alla luce di un taglio del 25% rispetto alla somma base. 

Anche i minorenni con almeno 16 anni di età saranno sottoposti all’obbligo di partecipazione attiva, formazione e lavoro se non impegnati in un percorso di studi. Sono invece esclusi dalla Mia i soggetti over 60 e i componenti del nucleo familiare con disabilità. 

Importi e durata – Verranno rivisti al ribasso i coefficienti della scala di equivalenza e il sussidio potrà raggiungere un importo massimo di 13.200 euro annui. Di base, l’importo dell’assegno sarà di 6mila euro e, in assenza di “categorie deboli”, la somma scenderà fino a 4.500 euro. A cambiare anche la durata del sussidio. Per le famiglie con soggetti non occupabili le somme potranno essere erogate per 18 mesi, ma la misura scenderà a 12 mesi a partire dalla seconda domanda. 

Più stringenti, invece, le condizioni per gli occupabili. Per loro si parla di un accesso al sussidio per 12 mesi, tempi che saranno dimezzati a 6 mesi nel momento in cui sarà effettuata una seconda richiesta. Per una seconda domanda si dovrà attendere un anno e mezzo. 

Il Governo intende abbattere i costi rispetto al Reddito di Cittadinanza con un risparmio di almeno 3 miliardi di euro. 

Il raccordo con le politiche attive – Tra le intenzioni del Governo c’è la volontà di spingere i percettori a impegnarsi seriamente nella ricerca di un impiego lavorativo, a differenza di quanto accaduto con il Reddito di cittadinanza, grazie anche ad un maggiore coinvolgimento della rete di Agenzie private.

Nulla di nuovo, quindi, il problema ruoterà sempre intorno al corretto funzionamento delle politiche attive e alla corretta valutazione e profilazione degli utenti che aderiscono a tali percorsi, spesso molto più accidentati rispetto a quelle che sono le aspettative. 

Basti pensare che, secondo i dati INPS, tra i beneficiari del Reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro, circa un milione, solo 90mila ( poco meno del 10% ) hanno instaurato un contratto di lavoro a tempo indeterminato e tra questi solo il 3-4% svolge professioni medio-alte. Quasi la metà del milione non ha mai lavorato, il titolo di studio prevalente per oltre il 70 % dei non occupati è al massimo la scuola media e che il 60% dei soggetti presi in considerazione corrisponde a una persona adulta (l’età media è tra i 35-37anni). 

Come si è detto, fino ad ora il dibattito ha riguardato le tempistiche della presa in carico e la profilazione degli utenti. Qualcuno ha proposto che il target dei beneficiari dovesse essere indirizzato più all’assistenza sociale che alle politiche attive.

In parte questo ragionamento può essere ritenuto corretto, ma la questione è molto più complessa oltre ad essersi rivelata una soluzione difficilmente percorribile. Innanzitutto perché l’intervento dei Comuni è stata fino a questo momento fallimentare. In altri termini, spostando la centralità della gestione dai Centri per l’impiego ai Servizi sociali, in assenza di una riforma organica e adeguate risorse, la situazione sarebbe stata praticamente la stessa se non peggiore. A ciò si aggiunga che la gestione di un programma di inserimento sociale per quasi un milione di persone richiede una riforma strutturale e tempistiche decennali per la sua attuazione.