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Cassazione: l’indicazione di orari di trasferta falsi integra il reato di truffa


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Con la sentenza n. 6095 del 04.03.2020, la Cassazione afferma che l’indicazione di orari di inizio e fine trasferta diversi da quelli effettivi, integra, da un lato, gli estremi del delitto di truffa e, dall’altro, la giusta causa di licenziamento.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatole per aver ripetutamente indicato orari di inizio e fine trasferta diversi da quelli effettivi, così da fruire del corrispondente e più favorevole trattamento economico.
La Corte d’Appello rigetta il ricorso, sul presupposto che la predetta condotta era tanto grave da integrare gli estremi del delitto di truffa, di cui all’art. 640 c.p.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - afferma, preliminarmente, che le dichiarazioni false ben possono costituire raggiro ed integrare l'elemento materiale del delitto di truffa, quando sono presentate in modo tale da indurre in errore il soggetto passivo di cui viene carpita la buona fede.

Per la sentenza, inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla lavoratrice, non può avere rilievo la mancanza di diligenza, di controllo e di verifica da parte del datore di lavoro/soggetto passivo, non valendo ciò ad escludere l'idoneità del mezzo ad integrare il reato di cui all’art. 640 c.p.

Secondo i Giudici di legittimità, dunque, la condotta consistente nell’indicazione di orari di inizio e fine trasferta diversi da quelli reali - per la sua portata offensivamente ingannevole sotto i profili oggettivo e soggettivo - risulta ampiamente sufficiente ad integrare la giusta causa di licenziamento.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della dipendente, confermando la legittimità del licenziamento irrogatole a fronte dell’insanabile lesione del vincolo fiduciario.

A cura di Fieldfisher