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Cassazione: legittimo il trasferimento basato sull’incompatibilità ambientale del dipendente


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Con l’ordinanza n. 27345 del 24.10.2019, la Cassazione afferma che il trasferimento per incompatibilità ambientale è legittimo, senza necessità che vengano osservate particolari garanzie sostanziali e procedurali, ogniqualvolta il datore sia in grado di dimostrare che la presenza del dipendente in una certa sede o unità produttiva genera tensioni o contrasti tali da compromettere il buon andamento dell'ufficio.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il provvedimento datoriale di trasferimento ad altra sede, deducendo la natura disciplinare dello stesso, visto che il datore lo aveva disposto subito dopo avergli mosso una formale contestazione.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sostenendo la legittimità della decisione datoriale.

L’ordinanza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che il trasferimento per incompatibilità aziendale/ambientale, trovando la sua ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell'unità produttiva, va ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive, di cui all'art. 2103 c.c., piuttosto che a ragioni punitive e disciplinari.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la sussistenza di una situazione di incompatibilità tra il lavoratore ed i suoi colleghi o collaboratori diretti, che importi tensioni personali o anche contrasti nell'ambiente di lavoro comportanti disorganizzazione e disfunzione, concretizza un'oggettiva esigenza di modifica del luogo della prestazione e va valutata in base al disposto dell'art. 2103 c.c.

Per la sentenza, ne consegue che, in tali circostanze, la legittimità del provvedimento datoriale di trasferimento, da un lato, prescinde dalla colpa dei lavoratori trasferiti o dalla violazione di doveri d'ufficio da parte dei medesimi e, dall’altro, non richiede l'osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari.

Applicando detti principi al caso di specie, la Suprema Corte conferma la bontà del trasferimento irrogato al ricorrente.

A cura di Fieldfisher