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Cassazione: le clausole penali sono valide solo se espressamente accettate dai lavoratori


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Con l’ordinanza n. 27422 del 01.12.2020, la Cassazione afferma che la previsione, in una circolare o in un regolamento interno, di un danno risarcibile per la violazione di una disposizione da parte dei dipendenti, equivale a una clausola penale, vincolante per i lavoratori solo nell’ipotesi in cui gli stessi l’abbiano espressamente accettata.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare l’illegittimità della trattenuta, dalla propria busta paga, della somma di € 1.120,00, operata dalla società datrice in relazione ad una contestata incauta custodia di 56 biglietti sottrattigli in occasione del furto di un borsello.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che la disposizione unilaterale (circolare interna) - con la quale era stato stabilito il valore convenzionale del singolo biglietto ed era stato previsto, in caso di smarrimento, l'obbligo di risarcire il danno - non era vincolante per il lavoratore.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che la clausola penale è un mezzo rafforzativo di specifici obblighi contrattuali, che si configura come una concordata liquidazione anticipata del danno derivante dalla loro violazione.

Per la sentenza, presupposto indispensabile per la sua esistenza è che la stessa sia stata oggetto di specifica contrattazione e/o comunque approvazione.
La previsione di clausole penali accessorie al contratto di lavoro non si sottrae, infatti, alla regola comune della necessità del consenso e non rientra tra i poteri unilaterali di conformazione della prestazione di lavoro rimessi alla parte datoriale.

Secondo i Giudici di legittimità, nel caso di specie, la circolare – contenente la previsione della sanzione applicata al dipendente – altro non era che un atto unilaterale del datore che, da un lato, non era stato oggetto di contrattazione od accordo con le organizzazioni sindacali e, dall’altro, non era stato accettato dal lavoratore al quale era stato solo comunicato.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società, confermando l’illegittimità della trattenuta dalla stessa operata.

A cura di Fieldfisher