Stampa

Cassazione: quando è possibile annullare le conciliazioni giudiziali?


icona

Con l’ordinanza n. 20913 del 30.09.2020, la Cassazione afferma che le transazioni giudiziali sono, ex art. 2113 c.c., definitive e, quindi, non soggette ad azione di annullabilità limitatamente alle situazioni giuridiche oggetto di causa.

Il fatto affrontato

Il Comune datore di lavoro ricorre al fine di sentir dichiarare la nullità della transazione conclusa in sede giudiziale all’esito di un precedente giudizio avente ad oggetto la richiesta di un inquadramento superiore da parte di un dipendente.
A fondamento della predetta domanda, l’Ente deduce la nullità del riconoscimento dell’inquadramento richiesto dal lavoratore, in quanto avvenuto in violazione della norma imperativa che richiede il concorso pubblico anche per i passaggi alle categorie e fasce funzionali superiori.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - afferma, preliminarmente, che la transazione contenuta nella conciliazione giudiziale che pone fine alla lite è sottratta, in quanto perfezionatasi in giudizio, al regime della impugnabilità ai sensi dell’art. 2113 c.c.

Secondo i Giudici di legittimità, detta inoppugnabilità non può, però, essere estesa anche alle intese, formulate davanti al giudice, che hanno ad oggetto diritti estranei alla domanda giudiziale.
In questo caso, infatti, l’intervento dell’autorità giudiziaria non può impedire l’esperibilità delle normali azioni di nullità e di annullamento dei contratti.

Per la sentenza, dunque, il regime di inoppugnabilità da cui sono assistite le transazioni concluse nelle sedi protette non si estende a quelle situazioni che, pur originando dal rapporto di lavoro, non sono ricomprese tra le domande azionate in giudizio.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, confermando la nullità della conciliazione sottoscritta in sede giudiziale con il Comune datore.

A cura di Fieldfisher