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Cassazione: la lunga attesa per il deposito del ricorso non costituisce abuso del diritto se giustificata da numerosi tentativi di conciliazione


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Con la sentenza n. 8779 del 10.04.2018, la Cassazione afferma che, ai sensi della normativa vigente anteriormente all'emanazione della l. 183/2010, non sussiste il diritto dell’azienda ad ottenere una riduzione del danno risarcibile al lavoratore a seguito della declaratoria di illegittimità del licenziamento, qualora il dipendente, pur avendo fatto trascorre un periodo molto lungo prima della proposizione dell’azione giudiziaria, abbia provato medio tempore ad esperire infruttuosamente numerosi tentativi di conciliazione.

Il fatto affrontato

La Corte d’Appello conferma la pronuncia con cui il Tribunale aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento irrogato dall’azienda al proprio dipendente, ordinando la reintegrazione del medesimo e condannando parte datoriale al risarcimento del danno ai sensi del quarto comma dell’art. 18 della l. 300/1970 (nella versione ante riforma Fornero ratione temporis applicabile).
La società ricorre per cassazione avverso la suddetta pronuncia, chiedendo, tra le altre cose, la riduzione del danno risarcibile, in considerazione dall’ampio lasso di tempo lasciato trascorrere dal lavoratore prima della proposizione dell’azione giudiziaria, tale da creare, in violazione degli artt. 1227 e 1175 c.c., un vero e proprio abuso del diritto.

La sentenza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che, in tema di risarcimento del danno a seguito di licenziamento illegittimo, l'obbligo del creditore di cooperazione e di attivazione volto ad evitare l'aggravarsi del danno, secondo l'ordinaria diligenza ex art. 1227, comma 2, c.c., riguarda solo le attività non gravose, né eccezionali, o tali comunque da non comportare notevoli rischi o sacrifici.
Pertanto, non sono imputabili al prestatore le conseguenze dannose derivanti dal tempo da questo impiegato per la tutela giurisdizionale, sia che si tratti di inerzia endoprocessuale che preprocessuale, tutte le volte che le norme attribuiscano poteri paritetici al datore di lavoro per la tutela dei propri diritti e la riduzione del danno.

La regola di cui all'art. 1227, comma 2, c.c. risulta, infatti, applicabile anche al danno da risarcire, ex art. 18 l. 300/1970, a seguito della declaratoria di illegittimità di un licenziamento, ma sempre entro i suddetti limiti.
Ciò comporta, per i Giudici di legittimità, che l'obbligo di cooperazione del creditore volto ad evitare l'aggravarsi del danno, nell'ambito dell'ordinaria diligenza, possa riguardare solo quelle attività che non siano particolarmente gravose o rischiose per il lavoratore, secondo una valutazione riservata al giudice di merito.

Secondo la Suprema Corte, nel caso di specie, il lavoratore, pur avendo atteso due anni per proporre il ricorso, non aveva colposamente aggravato il danno, stante le ripetute procedure conciliative esperite.
Sulla base di queste considerazioni la Cassazione respinge il ricorso proposto dalla società.

A cura di Fieldfisher