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Tribunale di Roma: obbligo di redigere una graduatoria unica nazionale per l’individuazione dei dipendenti da licenziare ai sensi della l. 223/1991


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Con la sentenza n. 673 del 30.01.2018, il Tribunale di Roma afferma che, ai fini della legittimità di un licenziamento collettivo per riduzione del personale, generalmente il parterre dei dipendenti su cui individuare gli esuberi deve essere costituito dall’intero complesso aziendale, a meno che non vi sia la soppressione di specifici rami d’azienda, caratterizzati da autonomia e specificità delle professionalità utilizzate, come tali infungibili rispetto alle altre.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, dipendente di una società che si occupa di gestione e recupero crediti su tutto il territorio nazionale, ricorre giudizialmente al fine di chiedere l’illegittimità del licenziamento irrogatole, mediante la procedura di cui alla l. 223/1991, a seguito della chiusura della sede presso cui prestava servizio, fondando la propria domanda sulla violazione dei criteri legali di scelta da parte dell’impresa.

La sentenza

Il Tribunale di Roma, partendo dal presupposto che la libertà imprenditoriale di decidere una riorganizzazione comportante la chiusura di una o più attività produttive non è sindacabile in sede giudiziale, statuisce che compito del Giudicante è, invece, quello di verificare che l’imprenditore nella comunicazione di avvio della procedura, ex art. 4 l. 223/1991, abbia indicato analiticamente i motivi (tecnici, organizzativi, produttivi ed economici) che rendano eventualmente impossibile l’applicazione dei criteri legali di scelta sull’intero ambito aziendale ed il conseguente spostamento di personale tra le varie sedi della società.

Pertanto, richiamando anche il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la sentenza afferma che la mancanza delle suddette indicazioni e l’individuazione dei lavoratori da porre in mobilità basata esclusivamente sulla loro appartenenza territoriale all’unità produttiva oggetto di chiusura, comporta la violazione dei criteri legali di scelta da parte della società.

Unica eccezione a tale regola è che la procedura di cui alla l. 223/1991 sia volta alla soppressione di uno specifico ramo d’azienda, caratterizzato da autonomia e specificità delle professionalità utilizzate, come tali infungibili rispetto alle altre.

Su tali presupposti, nel caso di specie, il Tribunale, applicando le tutele previste dall’art. 18 l. 300/1970 nella sua versione ante Jobs Act, ha condannato la società a reintegrare la lavoratrice ed a corrisponderle il risarcimento del danno, avendo erroneamente omesso di ritenere fungibili i lavoratori della sede soppressa (Roma) con quelli delle altre sedi (Spoleto e Catanzaro).

A cura di Fieldfisher