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Licenziamenti illegittimi - Nuovi parametri dell’indennità prevista dal Jobs Act: il Tribunale di Bari si ispira alla Corte Costituzionale


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Con l’ordinanza n. 7016 del 11.10.2018, il Tribunale di Bari - anticipando il deposito della sentenza della Corte Costituzionale, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 3 del D.Lgs. 23/2015 - afferma che l’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato, a causa di vizi della procedura collettiva, debba essere parametrata, fra un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità, tenendo conto dei criteri enunciati dall’art. 18, comma 5, dello Statuto dei Lavoratori (sul punto si veda: Corte Costituzionale: illegittimo il criterio di determinazione dell’indennità di licenziamento).

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli al termine di una procedura di mobilità, ex l. 223/1991.
A fondamento della propria domanda, il medesimo deduce che la comunicazione di avvio della suddetta procedura, inviata dall’azienda alle organizzazioni sindacali, era sprovvista di alcune informazioni richieste dalla legge, non offrendo alcun elemento utile a confrontare le posizioni dei lavoratori da porre in mobilità con quelli da mantenere in servizio.

L’ordinanza

Il Tribunale di Bari - ritenuta adeguatamente provata l’inosservanza da parte della società datrice delle norme di cui all’art. 4, commi 3 e 9 (entrambi richiamati dal successivo comma 12), della l. 223/1991, a causa della mancata indicazione, nella comunicazione di avvio della procedura, di tutti gli elementi previsti ex lege - dichiara illegittimo il licenziamento irrogato al ricorrente.

Ciò posto, il Giudice si sofferma sulle conseguenze sanzionatorie derivanti dalla suddetta illecita condotta datoriale.
In particolare, la sentenza, sottolinea che, in caso di violazione delle procedure richiamate dal citato art. 4, è previsto il riconoscimento della c.d. tutela indennitaria forte di cui all’art. 18, comma 5 (così come richiamato dal comma 7), della l. 300/1970.
Tuttavia, essendo stato assunto il ricorrente in data 01.04.16, deve trovare applicazione nel caso di specie la nuova disciplina dettata dal D.Lgs. 23/2015, che, all’art. 3, comma 1, prevede la “… condanna del datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità ”.

Il Giudicante rileva, però, che la Corte Costituzionale, con sentenza del 26.09.18, ha dichiarato l’illegittimità della suddetta disposizione nella parte in cui determina, in modo rigido ed in ragione della sola anzianità di servizio, l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato.

A fronte di tale pronuncia, il Giudice ritiene di dover interpretare in maniera costituzionalmente orientata la norma de qua, determinando l’indennità spettante al lavoratore ingiustamente licenziato, compresa fra un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità, sulla base dei criteri già enunciati dal citato art. 18, comma 5, dello Statuto dei Lavoratori, vale a dire “in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti ”.

Su tali presupposti, il Tribunale condanna la società al pagamento, in favore del ricorrente, di un’indennità determinata nella misura di dodici mensilità e giustificata dalla considerevole gravità della violazione procedurale, contemperata con le ridotte dimensioni dell’attività economica ed il basso numero di lavoratori occupati.

A cura di Fieldfisher