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Cassazione: licenziamento per il lavoratore che rifiuta la visita per paura del demansionamento


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Con l’ordinanza n. 26199 del 06.09.2022, la Cassazione afferma che è legittimo il licenziamento del dipendente che rifiuta la visita medica per paura di un demansionamento o per timore di un eventuale recesso dell’impresa per inidoneità fisica, potendo, invece, il lavoratore impugnare l’esito dell’accertamento sanitario o la scelta dell’imprenditore di assegnarlo ad attività dequalificanti.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatole per essersi rifiutata, in due occasioni, di effettuare la visita medica volta a verificare l'idoneità alla mansione specifica assegnata.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, non ritenendo condivisibile l'assunto della ricorrente, secondo cui il proprio rifiuto era diretto a contrastare un illegittimo demansionamento.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando l’impugnata pronuncia, rileva che la visita medica di idoneità in ipotesi di cambio delle mansioni è prescritta per legge e, quindi, la relativa richiesta di sottoposizione a visita, da parte del datore, è un adempimento dovuto.

Secondo i Giudici di legittimità, l'omissione di dette visite costituisce, dunque, un colposo e grave inadempimento di parte datoriale.

D’altro canto, continua la sentenza, il lavoratore non può rifiutare di sottoporsi alla visita solo per contrastare un illegittimo demansionamento, dal momento che detta condotta non rientra tra quelle per cui opera l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (inadempimento del datore o presenza di circostanze tanto gravi da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del dipendente).

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, confermando la legittimità del licenziamento irrogatole.

A cura di Fieldfisher