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Cassazione: la culpa in vigilando del datore in materia di sicurezza sul lavoro


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Con la sentenza n. 50000 del 06.11.2018, la Cassazione penale afferma che, in materia di sicurezza sul lavoro, il datore, essendo titolare di una posizione di garanzia, ha l'obbligo, non solo di disporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei prestatori.

Il fatto affrontato

L’operaio, alle prese per la prima volta con una particolare lavorazione, non servendosi di un’apposita passerella, viene a stretto contatto con il forno e si procura un’ustione alla gamba con prognosi superiore ai 40 giorni.
In conseguenza di ciò, il Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione della società datrice, titolare di specifica delega in ordine alla sicurezza ed alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, viene condannato per il reato di lesioni personali gravissime, stante la mancata assistenza del lavoratore inesperto alle prese con una attività potenzialmente pericolosa, in violazione degli obblighi previsti in materia dal D.Lgs. 81/2008.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che la disposizione di cui all’art. 2087 c.c., ponendo in capo al datore un obbligo generico di disposizione di tutte le misure necessarie per prevenire eventuali rischi, non impone allo stesso di creare un ambiente lavorativo a rischio zero, disponendo anche misure atte a prevenire gli eventi rischiosi impensabili, posto che tale circostanza implicherebbe, incostituzionalmente, la condanna a titolo di responsabilità oggettiva.

Secondo i Giudici di legittimità, la predetta norma obbliga, invece, il datore a predisporre tutte quelle misure che, nel caso concreto e rispetto alla specifica lavorazione, risultino idonee a prevenire i rischi tecnici dell’attività posta in essere.

Per la sentenza, il datore è, dunque, titolare di una posizione di garanzia e, pertanto, ha l’obbligo, non solo di disporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, perché garante dell’incolumità fisica di questi ultimi.

Applicando tali principi al caso di specie, la Suprema Corte conferma la sentenza di merito che aveva condannato l’imputato per culpa in vigilando, sul presupposto che l’operaio non aveva mai svolto prima quel tipo di lavorazione e che, pertanto, non poteva garantire quel livello di esperienza e competenza tecnica idoneo a giustificare l’assenza di qualsivoglia controllo da parte di altro personale.

A cura di Fieldfisher