Dal Consiglio UE è arrivato il via libera definitivo alla nuova direttiva rider. L’adozione mira a realizzare un netto miglioramento delle condizioni di lavoro per oltre 28 milioni di lavoratori su 40 impiegati mediante piattaforme digitali, ponendosi come priorità la difficile regolamentazione del fenomeno del lavoro autonomo fittizio.
Era il 9 dicembre 2021, quando la Commissione europea metteva sul tavolo la proposta per rafforzare i diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali e, solo dopo tre anni di intense trattative, la cosiddetta direttiva ‘rider’ è pronta per essere pubblicata nella Gazzetta dell’ Unione Europea, dopo il via libera definitivo degli Stati membri.
La direttiva renderà più trasparente l’uso degli algoritmi nella gestione delle risorse umane, garantendo che i sistemi automatizzati siano monitorati da personale qualificato e che i lavoratori abbiano il diritto di contestare le decisioni automatizzate. Ma soprattutto - come già detto - cercherà di arginare il fenomeno del lavoro autonomo fittizio, che secondo le stime Ue riguarda circa 5,5 milioni di lavoratori.
Su questo punto, nell’arco dello scorso anno si è avuto un acceso scontro tra il Parlamento UE e i governi degli Stati membri , che hanno boicottato diverse volte l’adozione delle nuove regole
Solo il 14 ottobre la direttiva a ricevuto il voto favorevole del Consiglio con un'unica eccezione della Germania da sempre contraria che in questa occasione si è astenuta.
In origine, l’accordo del 13 dicembre 2023 tra Parlamento europeo e Consiglio dell’Ue prevedeva l’istituzione di criteri armonizzati in tutta l’Ue che innescassero la presunzione di lavoro subordinato. Dei cinque indicatori scelti, per smascherare il lavoro autonomo fittizio sarebbe stata necessaria la copresenza di almeno due. Ma, a sorpresa, ben 12 Paesi membri hanno affossato la legge nella tappa dell’approvazione formale, costringendo la presidenza del Consiglio dell’Ue a formulare un nuovo testo sul quale trovare un nuovo compromesso in Parlamento.
Così la presidenza semestrale belga ha proposto di ammorbidire i vincoli per la presunzione di lavoro subordinato. Nel testo avallato l’8 febbraio scorso, si indicava che questo scatterà “quando ricorrano fatti indicanti controllo e direzione, secondo la normativa nazionale e i contratti collettivi vigenti“. Niente criteri armonizzati tra i Paesi membri, ma l’obbligo per i governi nazionali di “stabilire una presunzione legale relativa dell’occupazione a livello nazionale”. Il compromesso manteneva invece intatto il principio dell’inversione dell’onere della prova, per cui sarebbe spettato ai datori di lavoro, alle piattaforme, dover raccogliere le prove per dimostrare che un lavoratore è veramente autonomo. Non il contrario, come è sempre stato.
Incredibilmente, solo una settimana più tardi anche questo secondo testo è saltato a giochi già fatti, nel momento dell’adozione formale in Consiglio, da una minoranza di blocco composta da Francia, Germania, Grecia ed Estonia. Infine, nell’ultima disponibile sul calendario della presidenza belga del Consiglio dell’Ue, l’11 marzo 2024, Parigi e Berlino sono rimaste isolate e la direttiva è stata finalmente approvata.
La versione definitiva prevede ora una presunzione semplice di subordinazione applicabile in presenza di specifici indicatori di assoggettamento al potere direttivo e di controllo delle piattaforme individuati da ciascun Stato membro attraverso la propria legislazione nazionale, in conformità con la contrattazione collettiva e il diritto comunitario. Nel nuovo testo, la presunzione non comporterà la conversione del contratto ma permetterà al contempo ai vari attori in gioco di invocare l’errata qualificazione del rapporto di lavoro ( Art. 5 ).
La direttiva sarà ora pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Ue, lasciando agli Stati membri due anni di tempo per incorporare le disposizioni della direttiva nella loro legislazione nazionale.
Fonte : Consiglio UE