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Stop alla Direttiva UE per la tutela dei lavoratori mediante piattaforma digitale.


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Nonostante l’esito positivo dei negoziati tra Consiglio e Parlamento UE, la Direttiva europea che avrebbe dovuto disciplinare il lavoro mediante piattaforma non avrà seguito.

Ad accordo già raggiunto a dicembre 2023 , per la seconda volta, una minoranza di blocco di quattro Paesi membri ferma la direttiva Ue sui diritti dei lavoratori mediante piattaforme digitali.

Lo Stop alla proposta arriva da Francia, Germania, Grecia e Estonia che di fatto si sono messe di traverso al provvedimento che avrebbe riguardato oltre 5,5 milioni di lavoratori della GIG Economy che secondo le stime Ue sarebbero erroneamente classificati come autonomi.

Lo scenario ora infatti si complica, con le elezioni europee alle porte, con ogni probabilità non ci sarà il tempo per la ripresa di nuovi negoziati.

Ora il procedimento legislativo europeo prevede che il Parlamento possa ribadire la propria posizione riproponendo il testo in prima lettura per poi lasciarlo in mano alla prossima legislatura.

Era metà dicembre quando il Consiglio UE aveva affossato una prima proposta. Con il secondo accordo, il blocco di minoranza contrario all’adozione del provvedimento si era ridotta.

In sostanza, era tutto nelle mani dell’Estonia, visto che Francia, Germania e Grecia avevano già annunciato di volersi opporre. E alla fine il governo Estone ha deciso di fare il gioco delle piattaforme digitali.

Il compromesso trovato l’8 febbraio dalla presidenza belga del Consiglio dell’Ue ridimensionava già parecchio la proposta originaria: l’elemento più controverso erano infatti i 5 indicatori scelti, di cui almeno due obbligatori, perché potesse scattare la presunzione di rapporto di lavoro subordinato. 

Questo vincolo era stato eliminato: pur mantenendo la presunzione di rapporto subordinato per mettere fine al lavoro autonomo fittizio, la vera piaga del lavoro mediante piattaforma.

L’accordo dell 8 febbraio verteva sulla  presenza di “fatti indicanti controllo e direzione, secondo la normativa nazionale e i contratti collettivi vigenti“. Una formula più aperta, priva di criteri armonizzati tra i Paesi membri, ma con l’obbligo per i governi nazionali di “stabilire una presunzione legale relativa dell’occupazione a livello nazionale”.

Ciò interessa solo parzialmente l’ Italia che si presenta in Europa come un modello da seguire. Le collaborazioni etero organizzate ex art. 2 del D.lgs.81/2015, con tutte le loro difficoltà interpretative generate da prestazioni personali, continuative e con modalità di esecuzione organizzate dal committente, garantiscono tutele analoghe al lavoro subordinato.