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Cassazione: risarcito il lavoratore precario oggetto di discriminazione


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Con l’ordinanza n. 3488 del 11.02.2025, la Cassazione afferma che, in caso di accertata discriminazione subita sul lavoro, il dipendente ha diritto a vedersi riconosciuto, anche a scopo dissuasivo, un risarcimento del danno non patrimoniale liquidabile equitativamente.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, deducendo di essere stato ripetutamente assunto con contratti a tempo determinato, ricorre giudizialmente al fine di vedersi riconosciuto il diritto alla precedenza nell’assunzione.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo rileva che la lamentata violazione di legge era diretta conseguenza della mancata sottoscrizione da parte sua di un verbale di conciliazione con la fondazione datrice.
La Corte d’Appello rigetta il ricorso, ritenendo che la discriminazione, verificatasi rispetto a coloro che avevano sottoscritto il verbale, era venuta meno a seguito del cambio dei vertici gestionali della fondazione e della sottoscrizione del contratto di assunzione.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva che il rimedio alla discriminazione deve rispondere ai requisiti stabiliti dal diritto dell’Unione Europea e deve essere effettivo, proporzionale, dissuasivo.

Per la sentenza, la connotazione dissuasiva è rappresentata anche dal risarcimento del danno non patrimoniale che deve essere riconosciuto alla vittima della discriminazione.

Secondo i Giudici di legittimità, detto ristoro deve essere liquidato in via equitativa, nei casi in cui venga in rilievo la lesione di diritti costituzionalmente garantiti provabile anche mediante ragionamenti presuntivi.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal lavoratore, limitatamente alla sua domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti in virtù della discriminazione.

A cura di WST