Con la sentenza n. 951 del 06.11.2025, il Tribunale di Bergamo afferma che al dipendente che, a seguito di segnalazioni, abbia subito intimidazioni personali e/o ripercussioni professionali deve essere riconosciuto il risarcimento per le sofferenze subito sul piano morale.
Il fatto affrontato
La lavoratrice, agente di polizia locale, ricorre giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento del danno subito a seguito delle segnalazioni effettuate, quale whistleblower, in ordine ad una serie di favoritismi nella erogazione di buoni pasto, indennità di turno e permessi studio, oltre che ad altre irregolarità ravvisate nell’utilizzo di fondi regionali e nella gestione dei meccanismi di remunerazione premiale.
A fondamento della propria domanda, la ricorrente afferma di essere stata vittima di una crescente ostilità nell’ambiente di lavoro con condotte di progressiva mortificazione da parte dei colleghi e dei superiori, concretizzatesi, sul piano personale, in minacce e intimidazioni e, su quello professionale, in sanzioni disciplinari poi archiviate, in valutazioni negative ed in mutamenti di mansioni degradanti.
La sentenza
Il Tribunale rileva preliminarmente che, qualora il dipendente a seguito di segnalazioni sia stato sottoposto ad una condizione di isolamento e abbia subito azioni intimidatorie, operano le tutele previste dalla normativa sul whistleblowing.
In tal caso, continua la sentenza, parte datoriale è da ritenere responsabile, ai sensi dell’art. 2087 c.c., di aver mantenuto un ambiente ostile e nocivo, fonte di danni fisici e mentali per il dipendente coinvolto.
Secondo il Giudice, la conseguenza è che il datore di lavoro deve essere condannato al risarcimento del danno morale patito dal lavoratore a seguito della segnalazione.
Su tali presupposti, l’Ente deve risarcire la dipendente in conseguenza del profondo senso di malessere, isolamento emarginazione e umiliazione dalla stessa subito.
A cura di WST
