Con l’ordinanza n. 807 del 13.01.2025, la Cassazione afferma che non è possibile basare il licenziamento su dati rinvenuti nel pc del dipendente, se gli stessi sono riferibili ad un periodo antecedente all’insorgere del fondato sospetto che ha generato il controllo datoriale.
Il fatto affrontato
Il dirigente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli a seguito della scoperta di informazioni contenute in alcuni file che la società aveva reperito all’interno del pc del lavoratore durante un controllo scaturito da un alert del sistema informatico.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che le informazioni poste alla base del recesso erano inutilizzabili ai fini disciplinari in quanto antecedenti rispetto al fondato sospetto creato dal citato alert.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori legittima unicamente controlli tecnologici ex post, vale a dire su comportamenti posti in essere successivamente all'insorgenza di un fondato sospetto.
Per la sentenza, ciò significa che il datore deve provvedere alla raccolta delle informazioni solo dal momento dell’insorgenza del sospetto e può utilizzare solo detti dati per l'(eventuale) esercizio dell'azione disciplinare.
Secondo i Giudici di legittimità è, invece, precluso al datore sia ricercare nel passato lavorativo elementi di conferma del fondato sospetto che utilizzare gli stessi a scopi disciplinari, in quanto ciò equivarrebbe a legittimare l'uso di dati probatori raccolti prima ed a prescindere dal sospetto di condotte illecite da parte del dipendente.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società, confermando l’illegittimità dell’impugnato licenziamento.
A cura di WST