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Salario minimo : Direttiva UE 2022/2041 verso l’annullamento. Il parere dell’Avvocatura Generale.


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La direttiva UE 2022/2041, relativa ai salari minimi adeguati dell’ Unione Europea, invade un settore escluso dalle competenze dell’ Unione e per questo deve essere annullata.

A queste conclusioni giunge il parere consegnato dall’  Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia Europea il 14 gennaio scorso, nell’ambito delle fasi conclusive della Causa C-19/23 intentata dalla Danimarca per richiedere l’ annullamento integrale della direttiva.  

Secondo l`avvocato generale, la direttiva rappresenterebbe un`interferenza con le competenze nazionali in materia di retribuzione, come chiaramente stabilito dall`articolo 153, paragrafo 5, del Trattato sul Funzionamento dell`Unione europea, che esclude esplicitamente la regolamentazione delle retribuzioni dalle competenze dell`Unione.  

Il ricorso si basa su due motivazioni supportate dai legali danesi : il già citato difetto di competenza, già condizione sufficiente per l’annullamento, e una procedura legislativa ritenuta errata in quanto la direttiva persegue obiettivi distinti (“condizioni di lavoro” e “rappresentazione collettiva”) che richiederebbero procedure decisionali diverse con votazione a maggioranza in un caso e all’ unanimità nell’altro.   

Nel suo parere, l’avvocato generale avanza osservazioni su tre argomentazioni sostenute dal Legislatore euro-unitario per procedere con l'adozione della Direttiva . In particolare  :

1.       L’esclusione della retribuzione dalle competenze unitarie è limitata all’armonizzazione del livello dei salari. Secondo tale impostazione l’esclusione opererebbe solo in merito alla fissazione di livelli retributivi ma l’ Avvocato ritiene diversamente che tale giustificazione non risulti fondata. Il Trattato e la giurisprudenza della Corte fanno proprio un concetto ampio di retribuzione e il solo legiferare configura una violazione dell' art. 153 TFUE.  Nelle sue argomentazioni, l’Avvocato evidenzia come l'estromissione delle retribuzioni dalle competenze dell'Unione sia riconducibile anche a ragioni di convenienza. La politica salariale è infatti legata a meccanismi contrattuali e di relazioni industriali specifici per ciascun paese, che fanno della retribuzione un argomento assai delicato in quanto possibile leva di politica economica in grado di incidere sulla concorrenza tra le imprese sia all'interno che all'esterno del mercato unico.

2.       La definizione nella Direttiva di requisiti minimi della retribuzione non violano il Trattato. Anche qui l’Avvocato Generale ribadisce che l`Unione europea non ha alcuna competenza a intervenire in materia retributiva, neanche per fissare requisiti minimi. In sostanza l'esclusione dalle retribuzione dalle competenze normative UE è tassativa e non ammette alcuna tipologia di intervento.

3.       Se un intervento non viola l’autonomia contrattuale delle parti sociali è conforme al TFUE.  Una simile affermazione secondo l'Avvocatura non risulta fondata poichè , se è vero che una misura dell'UE compatibile con l'esclusione della "retribuzione" di cui all'articolo 153(5) TFUE contribuisce a salvaguardare l'autonomia contrattuale delle parti sociali, non è altrettanto vero che uno strumento o una misura dell'UE rispettoso dell’autonomia contrattuale delle parti sociali  sia necessariamente conforme all’esclusione.  

Nelle sue conclusioni il parere contiene la raccomandazione alla Corte di annullare la  direttiva in quanto incompatibile con il trattato. Tuttavia, non è stata ritenuta fondata l'eccezione danese riguardante i vizi nella formazione del consenso del procedimento legislativo. Se la Corte seguirà le conclusioni articolate dell’ Avvocatura, gli Stati membri saranno sollevati dall’obbligo di recepire nei propri ordinamenti le disposizioni della direttiva volte a garantire salari minimi adeguati.  

WST Law & Tax