Con la sentenza n. 188 del 16.12.2025, la Corte Costituzionale afferma che la previsione, all’interno di una legge regionale, di una soglia retributiva inderogabile, essendo circoscritta agli appalti pubblici non introduce un salario minimo legale di portata generale (sul punto si veda: Via libera al salario minimo negli appalti in Puglia. La Consulta respinge il ricorso del governo.).
Il caso affrontato
Il Governo impugna le norme della Regione Puglia che impongono alle stazioni appaltanti pugliesi di verificare, nelle procedure di gara, che i contratti collettivi applicati al personale adibito all’esecuzione dell’appalto prevedano una soglia retributiva inderogabile pari a nove euro l’ora.
A fondamento della predetta impugnazione, il Governo deduce che tali disposizioni avrebbero introdotto indirettamente un salario minimo legale, in violazione sia degli artt. 36 e 39 della Costituzione che delle competenze legislative esclusive statali.
La sentenza
La Corte rileva, preliminarmente, l’inammissibilità delle questioni sollevate, non avendo il Governo chiarito in che modo la previsione regionale, limitata alle procedure di evidenza pubblica, si porrebbe in contrasto con i principi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione o con l’autonomia della contrattazione collettiva.
Secondo i Giudici, inoltre, la norma censurata non comporterebbe una lesione delle competenze legislative esclusive statali, operando esclusivamente nell’ambito dei contratti pubblici, quale criterio di selezione del contratto collettivo applicabile negli appalti regionali.
Infine, per la Consulta, le disposizioni regionali – contrariamente a quanto sostenuto dal Governo – non introducono un obbligo generalizzato di salario minimo per tutti i rapporti di lavoro privato, ma si inseriscono nell’ambito degli appalti pubblici, per cui risulta legittimo il perseguimento di obiettivi di tutela del lavoro e contrasto al dumping contrattuale.
A cura di WST
