Con l’ordinanza n. 26320 del 09.10.2024, la Cassazione afferma che l’accordo per la riduzione della retribuzione, anche qualora non si accompagni ad un mutamento delle mansioni, deve essere sottoscritto, a pena di nullità, in una sede protetta.
Il fatto affrontato
Il dirigente ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare la nullità dell’accordo sottoscritto con la società ex datrice di lavoro, avente ad oggetto la riduzione della retribuzione sotto i minimi complessivi previsti dal CCNL applicato al rapporto.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo nullo l’accordo perché formalizzato non in sede protetta in violazione di quanto previsto dall’art. 2103 c.c.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che il principio dell'irriducibilità della retribuzione, implica, da un lato, che la retribuzione concordata al momento dell'assunzione non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore e il prestatore e, dall’altro lato, che ogni patto contrario a ciò è nullo.
Per la sentenza, fa eccezione a tale principio generale, l’ipotesi dettata dal novellato comma 6 dell’art. 2103 c.c., secondo cui un accordo peggiorativo della retribuzione è possibile in caso di modifica delle mansioni (che può essere concordata solo in presenza di determinati presupposti) e a condizione che il tutto sia formalizzato esclusivamente in sede protetta.
Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, in assenza anche di una sola delle predette condizioni, l’accordo di riduzione della retribuzione al di sotto dei minimi contrattuali deve ritenersi nullo.
Rientrando il caso di specie in quest’ultima ipotesi, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma la nullità dell’accordo sottoscritto tra la stessa ed il dirigente.
A cura di WST