Con l’ordinanza n. 3200 del 08.02.2025, la Cassazione afferma che le indennità estero non rientrano nella retribuzione c.d. convenzionale e non sono, quindi, soggette a tassazione, qualora vengano erogate esclusivamente a fronte del sacrificio, in termini di vita personale, richiesto al lavoratore adibito ad una sede sita fuori dall’Italia.
Il fatto affrontato
Il dirigente ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare la non assoggettabilità ad IRPEF delle somme percepite a titolo di indennità estero con riferimento all’attività di lavoro subordinato svolta fuori dall’Italia nel periodo 2008-2011.
La Commissione Tributaria Regionale rigetta la predetta domanda, ritenendo che la voce in questione abbia natura retributiva e debba, quindi, rientrare nella fascia di retribuzione convenzionale, su cui sono calcolate le imposte reddituali.
L’ordinanza
La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva che il TUIR prevede che la tassazione dei redditi da lavoro prodotti all’estero prenda a parametro la retribuzione c.d. convenzionale, ossia un importo figurativo determinato con Decreto del Ministero del Lavoro, ancorché i compensi effettivamente percepiti in dipendenza del rapporto siano superiori.
Secondo i Giudici di legittimità, ciò che forma base della retribuzione convenzionale è la c.d. retribuzione nazionale, ovverosia il trattamento previsto per il lavoratore dal contratto collettivo, comprensivo degli emolumenti riconosciuti per accordo tra le parti, con esclusione delle indennità connesse soltanto con lo svolgimento all'estero della prestazione lavorativa.
Con riferimento a queste ultime, continua la sentenza, al fine di procedere con la valutazione circa l’eventuale esclusione dalla tassazione, è necessario comprendere se il relativo compenso sia sinallagmaticamente collegato alla prestazione lavorativa o se, invece, sia erogato esclusivamente a fronte della maggior gravosità connessa con il rendere la prestazione al di fuori dei confini nazionali.
Non essendosi l’impugnata pronuncia conformata a detti principi, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal dipendente e cassa con rinvio la sentenza di merito.
A cura di WST