Con l’ordinanza n. 34655 del 27.12.2024, la Cassazione afferma che il lavoratore in possesso dei requisiti per l’accesso al regime fiscale per i c.d. impatriati, laddove non richieda al datore l’applicazione diretta della misura agevolativa, può presentare una autonoma istanza di rimborso per il recupero dell’agevolazione spettante e non fruita.
Il fatto affrontato
Il dipendente, rientrato in Italia dopo aver lavorato per oltre due anni in Cina e Giappone, ricorre giudizialmente al fine di richiedere il rimborso dell'IRPEF relativa agli anni di imposta 2017 e 2018, da calcolarsi secondo il regime speciale previsto per i c.d. impatriati.
La Corte Tributaria Regionale accoglie la predetta domanda, disattendendo l’eccezione dell’Agenzia delle Entrate circa la non debenza dell’agevolazione per omissione dei relativi adempimenti formali previsti dalla legge.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che la mancata adesione dell’impatriato tramite domanda al datore di lavoro non comporta la decadenza dal beneficio fiscale, ma più semplicemente non consente più di attivare la procedura di richiesta dello stesso tramite il sostituto di imposta.
Per la sentenza, in tali situazioni viene posto a carico del contribuente l’onere di richiedere il rimborso, ove intenda recuperare la maggiore imposta corrisposta.
Secondo i Giudici di legittimità, tuttavia, tale principio ha una efficacia temporale limitata, che si esaurisce al momento dell’emanazione delle modifiche alla norma da parte del DL 34/2019.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, ritenendo dovuto il rimborso inerente al periodo di imposta 2017 e 2018.
A cura di WST