Con l’ordinanza n. 15123 del 03.06.2019, la Cassazione afferma che il contributo che il datore riconosce per la casa al dipendente obbligato a trasferirsi per motivi di servizio, avendo natura retributiva, rientra nel calcolo del trattamento di fine rapporto.
Il fatto affrontato
Due funzionari bancari ricorrono giudizialmente al fine di ottenere il riconoscimento della incidenza sul trattamento di fine rapporto della elargizione ottenuta dalla società datrice, in occasione dei loro trasferimenti in sedi estere, per l'abitazione.
L’ordinanza
La Cassazione, confermando la statuizione della Corte d’Appello, afferma che, ai fini della determinazione della base di computo del trattamento di fine rapporto, ex art. 2120, comma 2, c.c., la natura di retribuzione di un emolumento aggiuntivo corrisposto al lavoratore per lo svolgimento di lavoro all'estero o in altra sede lavorativa è desumibile da alcuni indici sintomatici, che denotino la non occasionalità dell'emolumento.
Secondo i Giudici di legittimità deve, invece, attribuirsi natura non retributiva alle voci che abbiano la finalità di tenere indenne il lavoratore da spese, sostenute nell'interesse dell'imprenditore, che non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito.
Per la sentenza, ne consegue che al contributo elargito al lavoratore trasferito per l’abitazione deve attribuirsi natura retributiva, desunta dal carattere periodico dell'erogazione e dalla sua corresponsione in misura fissa senza necessità di documentazione giustificativa.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso presentato dalla Banca, confermando che il contributo per l’abitazione riconosciuto ai due funzionari trasferitisi all’estero debba rientrare nel calcolo del loro TFR.
A cura di Fieldfisher