Con la sentenza n. 20216 del 23.06.2022, la Cassazione dichiara la nullità della clausola del contratto collettivo del Trasporto aereo che esclude, dalla retribuzione feriale corrisposta al lavoratore, l’indennità di volo integrativa, riconosciuta, invece, per le giornate di lavoro in presenza.
Il fatto affrontato
Il dipendente di una compagnia aerea ricorre giudizialmente lamentando la corresponsione della retribuzione in misura ridotta durante le giornate di ferie rispetto a quella riconosciuta per la normale attività lavorativa svolta in presenza, in virtù di specifiche clausole contrattuali collettive che negano, per i giorni di ferie, il riconoscimento dell’indennità di volo integrativa dal calcolo della retribuzione mensile.
Il Tribunale di Civitavecchia accoglie integralmente la domanda del lavoratore, dichiarando la nullità di tutte le clausole del contratto collettivo che escludevano l’indennità di volo integrativa ai fini del computo della retribuzione feriale.
La sentenza, attinente ad una questione relativa all’efficacia, la validità e l’interpretazione delle clausole di un contratto collettivo, è stata impugnata con ricorso immediato per cassazione ex art. 420-bis c.p.c.
La sentenza
La Cassazione fa propri i principi enucleati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ritiene che la clausola in esame possa avere un effetto dissuasivo rispetto all’effettiva fruizione delle ferie, inducendo i lavoratori a rinunciare alle stesse al fine di conseguire una retribuzione notevolmente migliorativa.
Tuttavia, i Giudici di legittimità, in parziale accoglimento del ricorso, circoscrivono la portata della nullità al periodo di ferie minimo di quattro settimane; non applicandosi, pertanto, alle ulteriori giornate di ferie eventualmente riconosciute al dipendente.
In altri termini, per la sentenza, limitatamente alle giornate di ferie che eccedono il periodo minimo di quattro settimane, l’autonomia contrattuale collettiva può liberamente prevedere una retribuzione feriale anche peggiorativa rispetto a quella corrisposta per la normale attività lavorativa in presenza.
Sulla base di tali presupposti, la Suprema Corte, conferma la nullità della clausola del contratto collettivo, circoscrivendone gli effetti al periodo di ferie minimo riconosciuto per legge.
A cura di Fieldfisher