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Corte di Appello di Catania: il compenso sproporzionato rispetto al sacrifico imposto rende nullo il patto di non concorrenza


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Con la sentenza n. 593 dell’11.07.2025, la Corte di Appello di Catania afferma che, laddove la misura del compenso risulti sproporzionata rispetto alla limitazione delle possibilità lavorative, il patto di non concorrenza deve ritenersi nullo.

Il fatto affrontato

La società ricorre giudizialmente al fine di chiedere l'accertamento della violazione del patto di non concorrenza della durata di 18 mesi da parte dell’ex dipendente che, dimessosi il 30.04.2020, aveva iniziato ad operare con un’azienda competitor nel maggio 2021.
Il Tribunale rigetta la predetta domanda, ritenendo nullo il patto di non concorrenza per eccessiva indeterminatezza ed inadeguatezza del corrispettivo pattuito rispetto alle limitazioni imposte al lavoratore.

La sentenza

La Corte di Appello di Catania rileva, preliminarmente, che il patto di non concorrenza è nullo se il divieto di attività successive alla risoluzione del rapporto non è contenuto entro limiti determinati di oggetto, di tempo e di luogo tali da consentire comunque lo svolgimento della professionalità del lavoratore in limiti che non ne compromettano la possibilità di assicurarsi un guadagno idoneo alle esigenze di vita e, in ogni caso, il compenso pattuito deve essere proporzionato al sacrificio imposto.

Su tali presupposti, i Giudici confermano la nullità del patto nel caso di specie, in presenza di un corrispettivo del tutto limitato a fronte del sacrificio imposto che costringeva il lavoratore a una sostanziale inattività nel campo della sua professionalità, con conseguente perdita della capacità di guadagno per diciotto mesi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.

Alla luce di ciò, la Corte di Appello di Catania rigetta il ricorso della società.

A cura di WST