Con l’ordinanza n. 9256 del 08.04.2025, la Cassazione afferma che per determinare la validità del patto di non concorrenza, con specifico riferimento al relativo corrispettivo - che resta elemento distinto dalla retribuzione - è necessario che lo stesso possegga i requisiti generali di determinatezza o determinabilità, non rilevando se l’erogazione avvenga in costanza di rapporto, al termine o dopo la cessazione.
Il fatto affrontato
La banca ricorre giudizialmente al fine di sentir inibire al suo ex dipendente lo svolgimento dell'attività concorrenziale a favore di un altro istituto di credito fino alla naturale scadenza del patto di non concorrenza e di ottenere dal medesimo il risarcimento dei danni subiti.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo nullo il patto per la indeterminatezza/indeterminabilità e per la incongruità del corrispettivo.
L’ordinanza
La Cassazione rileva che il patto di non concorrenza costituisce una fattispecie negoziale autonoma, dotata di una causa distinta, configurando un contratto a titolo oneroso ed a prestazioni corrispettive.
Secondo i Giudici di legittimità, dunque, il patto di non concorrenza, anche se è stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato, rimane autonomo da questo sotto il profilo prettamente causale.
Per la sentenza, quindi, visto che il corrispettivo del patto costituisce il compenso per tale autonoma obbligazione di "non facere", la sua congruità va valutata ex ante, ossia alla luce del tenore delle clausole e non per quanto poi in concreto possa accadere
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla banca, cassando con rinvio l’impugnata sentenza.
A cura di WST