Con l’ordinanza n. 11765 del 05.05.2025, la Cassazione afferma che il patto di non concorrenza è nullo nell’ipotesi in cui il datore si riservi la possibilità di modificarne unilateralmente l’ambito territoriale di insistenza in caso di trasferimento del dipendente.
Il fatto affrontato
Il lavoratore, alla cessazione del rapporto, ricorre giudizialmente al fine di veder accertata la nullità del patto di non concorrenza apposto al suo contratto.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che detto patto prevedeva una limitazione dell’attività lavorativa e un’estensione territoriale eccessive a fronte di un corrispettivo esiguo se paragonato al sacrificio richiesto.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che i limiti di oggetto, di tempo e di luogo del patto di non concorrenza, al fine di consentire una corretta formazione del consenso delle parti in sede di stipula, devono essere determinati o, quantomeno, determinabili sin dal momento della conclusione di tale negozio giuridico.
Per la sentenza, detta circostanza difetta se, come nel caso di specie, il datore si riserva di modificare, in via discrezionale ed unilaterale, l’area territoriale interessata dal divieto di prestare attività lavorativa in concorrenza in caso di trasferimento del dipendente.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società, confermando la nullità del patto di non concorrenza.
A cura di WST