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Cassazione: quando è possibile per il datore ricorrere ad agenzie investigative?


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Con la sentenza n. 30821 del 24.11.2025, la Cassazione afferma che il datore può avvalersi di agenzie investigative a patto che i controlli siano finalizzati, non a verificare le modalità di espletamento della prestazione lavorativa, bensì ad accertare la presenza di comportamenti illeciti compiuti dai dipendenti.

Il fatto affrontato

Il dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli perché, in tre occasioni, durante il turno di guardia, aveva fermato l'autovettura e stazionato all'interno di essa in località diverse da quelle poi indicate nel rapporto di servizio.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo legittima l'attività investigativa posta in essere dall'agenzia a tal fine incaricata dall’azienda datrice, in quanto il controllo era diretto all'accertamento di condotte illecite diverse dal mero inadempimento della prestazione lavorativa.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che, in tema di controlli a distanza dell'attività dei lavoratori, rientra nei poteri del datore avvalersi di agenzie investigative.

Ciò, continua la sentenza, a condizione che l'attività di indagine sia esercitata in luoghi pubblici e non sia diretta a verificare le modalità di adempimento dell'obbligazione lavorativa.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, l’attività investigativa deve essere tesa ad accertare comportamenti illeciti del lavoratore, suscettibili di rilievo penale o, comunque, idonei a raggirare il datore e a ledere il patrimonio aziendale ovvero l'immagine e la reputazione della società all'esterno.

Rinvenendo tali circostanze nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso del dipendente e conferma la legittimità del licenziamento irrogatogli.

A cura di WST