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Cassazione: quali effetti produce la revoca del licenziamento tardiva?


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Con la sentenza n. 26957 del 07.10.2025, la Cassazione afferma che, a prescindere dalla motivazione sottesa all’impugnazione del licenziamento, il termine di legge entro cui il datore può revocare il recesso è perentorio e decorre dalla data dell’impugnazione stessa.

Il fatto affrontato

La dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole durante lo stato di gravidanza, deducendo – tra le altre cose – la tardività della revoca del recesso comunicata oltre il termine previsto dall'art. 5 del D.Lgs. 23/2015.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, dichiarando la nullità della sanzione espulsiva e disponendo la reintegra della ricorrente.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che la revoca del licenziamento è finalizzata a favorire il ripensamento del datore di lavoro, così da sottrarlo alle conseguenze sanzionatorie per il caso di recesso illegittimo.

Nello specifico, per la sentenza, si tratta di un diritto potestativo del datore di lavoro che produce effetti immediati nella sfera giuridica del lavoratore, senza necessità di alcun consenso di quest’ultimo, a condizione che sia esercitato entro il breve lasso di termine perentorio previsto dalla legge (ossia quindici giorni dall'impugnazione del licenziamento).

Secondo i Giudici di legittimità, laddove la revoca sia intervenuta oltre detto termine, ai fini della ricostituzione del rapporto di lavoro, non è sufficiente un comportamento concludente del lavoratore, ma è necessario un vero e proprio accordo tra le parti.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società.

A cura di WST