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Cassazione: niente licenziamento se l’allontanamento era autorizzato dal superiore


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Con la sentenza n. 34107 del 06.12.2023, la Cassazione afferma che deve essere dichiarato illegittimo il licenziamento irrogato al dipendente che, durante un allontanamento dal posto di lavoro autorizzato dal superiore, ha attenuto ad attività di carattere personale ulteriori rispetto alle motivazioni dell’autorizzazione.

Il fatto affrontato

Il dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli poiché – mentre, su autorizzazione del proprio superiore, si stava recando presso a casa a cambiarsi gli indumenti da lavoro bagnati – aveva fatto sosta, con l'auto aziendale in sua dotazione, presso il mercato di zona per acquistare della verdura.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo che, contrariamente a quanto contestato da parte datoriale, il lavoratore non aveva cercato di occultare il proprio allontanamento né aveva in concreto alterato i sistemi aziendali.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva che, in ipotesi di allontanamento autorizzato del dipendente dal posto di lavoro, non può integrare la fattispecie della falsa attestazione in servizio, nemmeno nel caso in cui il prestatore abbia approfittato di tale uscita per attendere ad attività personali.

Secondo i Giudici di legittimità, in presenza di tali circostanze, manca – infatti – quella fraudolenza specifica e diversa, propria della falsa attestazione, volta a far credere di essere in servizio quando invece non lo si è.

Per la sentenza, nel caso di specie, resta, dunque, il solo fatto dell'abbandono non autorizzato del lavoro per quei minuti della spesa al mercato, nel contesto di un allontanamento verso casa in sé non illegittimo perché cagionato dalla necessità di cambiarsi gli abiti bagnatisi in seguito alla prestazione lavorativa.
Abbandono rispetto al quale non si può parlare di danno, perché il datore ben può recuperare quel tempo sulla retribuzione, azzerando senza difficoltà il (pur minimo) pregiudizio economico.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del datore di lavoro, confermando l’illegittimità del recesso dallo stesso irrogato.

A cura di Fieldfisher