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Cassazione: niente licenziamento se la condotta addebitata è una prassi condivisa dai superiori


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Con l’ordinanza n. 35516 del 19.12.2023, la Cassazione afferma che deve essere dichiarato illegittimo, per insussistenza del fatto, il licenziamento irrogato per una condotta che rientra, in realtà, in una prassi aziendale condivisa dai superiori.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, cassiera presso il punto vendita della società, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole per aver creato una fittizia carta fedeltà (intestata ad una persona inesistente) ed averla utilizzata in più occasioni per acquisti effettuati da clienti in modo da ottenere un indebito accumulo di punti.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo dimostrata l'esistenza in azienda della prassi di utilizzare la carta irregolare.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che, nel caso di specie, non è ravvisabile il vantaggio della dipendente per interessi del tutto personali e a detrimento dell'interesse aziendale: elementi questi che rappresentavano componenti necessari dell'addebito.

In particolare, per la sentenza, la fattispecie contestata rientrava nell’ambito di una prassi aziendale diretta a favorire gli acquisti di clienti occasionali, che in mancanza vi avrebbero rinunciato.

Secondo i Giudici di legittimità, dunque, anche a fronte dell’avallo di detta condotta da parte dei superiori gerarchici della dipendente, non può ritenersi integrata la giusta causa di licenziamento.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società, confermando l’illegittimità del recesso dalla stessa irrogato.

A cura di Fieldfisher