Con l’ordinanza n. 24994 del 11.09.2025, la Cassazione afferma che il datore è tenuto ad adottare gli accomodamenti ragionevoli necessari ad evitare il licenziamento del lavoratore divenuto inidoneo, a condizione che la prestazione del medesimo rimanga comunque utile per l’azienda.
Il fatto affrontato
La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento intimatole per sopravvenuta inidoneità alle mansioni.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo che non vi fossero in azienda mansioni compatibili con le limitazioni imposte dal medico competente.
L’ordinanza
La Cassazione rileva, preliminarmente, che – in caso di sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore – il datore, prima di procedere con il recesso, deve adottare tutti gli accomodamenti organizzativi ragionevoli al fine di consentire al dipendente di poter svolgere una prestazione compatibile con il suo stato di salute.
Per la sentenza, dunque, è onere del datore di lavoro dimostrare di avere, con un comportamento positivo, ricercato possibili soluzioni e misure organizzative appropriate e ragionevoli, idonee a consentire lo svolgimento di un'attività lavorativa, altrimenti preclusa, a persona con disabilità.
Secondo i Giudici di legittimità, può dirsi, a tal fine, ragionevole ogni soluzione organizzativa praticabile che miri a salvaguardare il posto di lavoro del disabile in un'attività che sia utile per l'azienda e che imponga all'imprenditore un sacrificio che non ecceda i limiti di una tollerabilità considerata accettabile secondo la comune valutazione sociale.
Ritenendo, nel caso di specie, adempiuto detto onere da parte della società, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla dipendente e conferma la legittimità dell’impugnato recesso.
A cura di WST