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Cassazione: licenziato il dipendente INPS che accede, senza autorizzazione, alla banca dati interna


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Con la sentenza n. 7272 del 19.03.2024, la Cassazione afferma che l’informazione ai dipendenti, circa i controlli difensivi effettuati a distanza mediante le strumentazioni utilizzate per lo svolgimento della prestazione, può essere fornita anche mediante un banner prodotto dal sistema operativo contenente un messaggio predeterminato.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente INPS, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver effettuato numerosi accessi non autorizzati alla banca dati informatica dell'Istituto al fine di estrarre informazioni sui conti e sulle prestazioni previdenziali riguardanti persone ivi inserite.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo utilizzabili i dati di accesso rinvenuti dall’INPS tramite il proprio database e, conseguentemente, fondato il recesso.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, rileva che il controllo a distanza dei lavoratori, anche mediante i dispositivi dagli stessi utilizzati per rendere la prestazione, è consentito a condizione che l’accertamento sia finalizzato ad accertare condotte illecite lesive del patrimonio aziendale ovvero pericolose per la sicurezza.

Per la sentenza, le informazioni in tal modo acquisite sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al dipendente adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, anche con riferimento alla normativa in materia di privacy.

Secondo i Giudici di legittimità, nel caso di specie, detta informazione è stata adeguatamente fornita, dal momento che, ad ogni accesso, il sistema produceva un banner contenente l'avvertimento che l'accesso alle banche dati era consentito esclusivamente per fini istituzionali e che un uso difforme avrebbe comportato sanzioni disciplinari.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso presentato dal dipendente, confermando l’illegittimità dell’impugnata sanzione espulsiva.

A cura di WST