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Cassazione: licenziato il bancario che spia i conti dei clienti


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Con l’ordinanza n. 2806 del 05.02.2025, la Cassazione afferma che l'accesso al sistema informatico aziendale, quando realizzato per finalità personali o comunque non riconducibili a esigenze di servizio, non può essere considerato un addebito di lieve entità e legittima il licenziamento del lavoratore.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dipendente di un istituto bancario, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per violazione della normativa sulla privacy, a causa di accessi abusivi ai conti correnti di varie persone tramite il programma informatico aziendale, senza legittime ragioni di servizio.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo insussistente l'illecito contestato di trattamento indebito dei dati personali.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva che il potere di disporre di strumenti informatici volti al compimento delle operazioni finanziarie del dipendente di un istituto bancario, non comporta che lo stesso possa accedere indiscriminatamente a banche dati al di fuori della stretta necessità di compiere tali operazioni nell'interesse dell'istituto e dei clienti.

Per la sentenza, l'accesso privo di causa deve essere valutato in relazione al rapporto fiduciario tra prestatore e datore, il quale concede l'utilizzo di tali strumenti ai propri dipendenti affinché operino in maniera lecita durante la prestazione lavorativa, senza avvalersi delle potenzialità di conoscenza al di fuori delle strette esigenze di servizio.

Alla luce di ciò, secondo i Giudici di legittimità, una condotta lesiva di tali principi non può essere considerata lieve, anche per il fatto che si tramuta in una violazione degli obblighi di protezione dei dati personali previsti da parte di coloro che operano all'interno dell'istituto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla banca datrice. Decretando la legittimità dell’impugnato recesso.

A cura di WST