Con l’ordinanza n. 2803 del 05.02.2025, la Cassazione afferma che, nelle aziende sottoposte a sequestro, l’amministratore giudiziario ha il potere di risolvere il rapporto di lavoro su autorizzazione del giudice, senza dover seguire le garanzie procedimentali proprie del licenziamento disciplinare, purché la decisione sia adeguatamente motivata con il richiamo alla misura adottata dall’autorità giudiziaria.
Il fatto affrontato
Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli dall’amministratore giudiziario della società datrice.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce che il recesso era stato intimato durante il periodo di malattia e in violazione della normativa dell’art. 7 L. 300/1970, per il solo fatto che egli risultava persona sottoposta alle indagini per reati inerenti al traffico illecito di rifiuti.
La Corte d’Appello accoglie il ricorso, ritenendo assenti nel caso di specie i requisiti per l’applicazione del Codice Antimafia richiamato dalla pronuncia di primo grado.
L’ordinanza
La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che la disciplina in materia di sequestro di prevenzione delle società è improntata alla salvaguardia dell’ordine pubblico e alla funzionale destinazione dell’azienda all’esercizio dell’impresa.
Per la sentenza, ne consegue che l’amministratore giudiziario è tenuto a provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati, potendo procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro, senza che trovino applicazione le garanzie proprie del licenziamento disciplinare.
Unica condizione di legittimità richiesta, in tal caso, è che la risoluzione del rapporto contenga la specificazione dei motivi di recesso.
Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la decisione di risoluzione del rapporto non assume natura disciplinare, risultando espressione di un potere funzionale alla gestione del bene sequestrato e alla tutela delle esigenze di ordine pubblico.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla società, affermando la legittimità dell’impugnato recesso.
A cura di WST