Con l’ordinanza n. 1476 del 15.01.2024, la Cassazione afferma che, ai fini del giudizio circa la sussistenza della giusta causa di licenziamento, va valutata, non già la presenza o meno di danno economico in capo all’azienda, ma l’incidenza della condotta del dipendente sul vincolo fiduciario.
Il fatto affrontato
Il lavoratore, assunto con mansioni di cuoco, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver sottratto, senza autorizzazione, cibi cucinati in quantità non modesta e con condotta reiterata.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo illecita la condotta e proporzionata la sanzione applicata.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che, in tema di licenziamento per giusta causa, la modesta entità del fatto addebitato, valutabile ai fini della legittimità o meno della sanzione, non va riferita alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro.
Per i Giudici di legittimità, infatti, è necessario valutare la condotta del dipendente sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all'idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento.
In altri termini, secondo la sentenza, la legittimità del recesso va valutata con riferimento alla lesione, quale conseguenza del comportamento addebitato al dipendente, dell'elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore e conferma la legittimità dell’impugnata sanzione espulsiva.
A cura di WST