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Cassazione: la condanna per mafia antecedente all’assunzione non legittima il licenziamento


Con l’ordinanza n. 4458 del 20.02.2024, la Cassazione afferma che la condanna ricevuta dal lavoratore in sede penale, anche per reati gravissimi, prima dell’assunzione, non legittima il licenziamento dello stesso se non comporta la lesione del vincolo fiduciario.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli a fronte di una sua condanna, in sede penale, per il reato di associazione mafiosa.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che il reato era stato commesso oltre venti anni prima rispetto alla contestazione disciplinare e la condanna penale aveva acquisito definitività (nel 2009) molti anni prima dell'instaurazione del rapporto di lavoro con avvenuta nel 2016 e del licenziamento intimato nel 2019.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che le condotte costituenti reato possono integrare la giusta causa di licenziamento pur essendo state realizzate a rapporto lavorativo non ancora in corso e non in connessione con esso.

In tali circostanze, continua la sentenza, il giudice dovrà direttamente valutare se la condotta extralavorativa sia di per sé incompatibile con l'essenziale elemento fiduciario proprio del rapporto di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, nel caso di specie, la condanna, pur essendo teoricamente infamante, non ha però inciso sul rapporto di lavoro in atto, né messo in pericolo il corretto adempimento delle prestazioni, né compromesso l'affidamento del datore sui futuri adempimenti.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma l’illegittimità dell’impugnata sanzione espulsiva.

A cura di WST