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Cassazione: illegittimo il licenziamento del malato oncologico cui non viene concesso il trasferimento in una sede più vicina


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Con l’ordinanza n. 30080 del 21.11.2024, la Cassazione afferma che il lavoratore malato di cancro può rifiutarsi di rientrare in servizio nell’ipotesi in cui il datore abbia rigettato la sua richiesta di trasferimento in una sede più vicina alla sua abitazione.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, malato oncologico dichiarato invalido al 100%, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per essersi rifiutato di riprendere servizio nella sede di originaria adibizione al termine di una aspettativa concessagli una volta spirato il periodo massimo di comporto.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che l’eventuale diritto del ricorrente al trasferimento, non essendo stato giudizialmente accertato, non era sufficiente per giustificare il suo rifiuto.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che le norme interne e comunitarie dettate a tutela degli individui con disabilità impongono, in capo al datore, un obbligo di accomodamenti ragionevoli nei confronti del dipendente portatore di handicap.

Invero, per la sentenza, si tratta di una prescrizione dotata di peculiare protezione a salvaguardia di fondamentali esigenze di vita e di salute, tanto che il rifiuto della stessa costituisce atto discriminatorio, come tale affetto da nullità.

Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, è imprescindibile valutare la consistenza degli accomodamenti ragionevoli che avrebbe potuto apportare il datore in risposta alla richiesta del lavoratore disabile, al fine di valutare se il rifiuto da quest’ultimo opposto risulti contrario o meno a buona fede.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla società, cassando con rinvio l’impugnata pronuncia.

A cura di WST