Con l’ordinanza n. 28406 del 05.11.2024, la Cassazione afferma che, in caso di cessione del contratto, la prestazione del lavoratore continua alle dipendenze del cessionario con tutte le limitazioni derivanti dal precedente accordo, compresa l'efficacia di un licenziamento già intimato dal cedente, impugnato ed ancora sub iudice.
Il fatto affrontato
La società cede il contratto di lavoro del dipendente - reintegrato dal Tribunale a seguito di declaratoria di illegittimità del recesso - in pendenza del giudizio di appello inerente al licenziamento dello stesso.
A seguito dell’accoglimento di detto appello, la cessionaria comunica al lavoratore la ripristinata efficacia del licenziamento, già intimato dalla precedente azienda.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che la cessione del contratto, ex art. 1406 c.c., attua una successione a titolo particolare del cedente al cessionario in tutti i rapporti attivi o passivi.
In particolare, per la sentenza, la cessione del contratto presuppone che gli elementi essenziali dell'obbligazione devono rimanere sostanzialmente immutati, realizzandosi soltanto una sostituzione soggettiva.
Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, si trasmettono non solo debiti e crediti, ma anche obblighi strumentali, diritti potestativi, azioni, aspettative ricollegate alla volontà delle parti ed all'esistenza del contratto, ivi compresa l'efficacia risolutiva di un licenziamento già intimato dal cedente ed ancora sottoposto al vaglio giurisdizionale.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, confermando l’efficacia del precedente recesso anche in pendenza del rapporto di lavoro con la cessionaria.
A cura di WST