Stampa

Cassazione: il dirigente di un’azienda a partecipazione pubblica può essere legale rappresentate di una società privata?


icona

Con l’ordinanza n. 26181 del 07.10.2024, la Cassazione afferma che è legittimo il licenziamento per giusta causa del dirigente di un'azienda speciale con finalità pubbliche che assume ruoli di vertice in una società privata di cui è anche socio.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dirigente presso una azienda speciale a partecipazione pubblica, impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatogli per aver assunto la carica di consigliere delegato, con poteri di rappresentanza legale, di una società privata di cui era anche socio.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo il doppio ruolo assunto dal ricorrente lesivo del principio di terzietà e di indipendenza che deve essere richiesto al direttore di un’azienda avente finalità pubbliche e di interesse generale.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che l’obbligo di fedeltà posto in capo al dipendente deve intendersi non soltanto come mero divieto di abuso di posizione attuato attraverso azioni concorrenziali e/o violazioni di segreti produttivi, ma anche come divieto di condotte che siano in contrasto con i doveri connessi con l'inserimento del dipendente nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa o che creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della medesima.

Per la sentenza, nel giudizio circa la violazione di tale obbligo, è imprescindibile considerare la natura del soggetto datoriale, la qualità del rapporto, il vincolo che esso comporta ed il grado di affidamento richiesto dalle mansioni espletate.

Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, ancora più forte risulta questo vincolo in un caso, come quello di specie, in cui il dipendente rivesta la qualifica dirigenziale in un’azienda avente finalità di interesse generale, ove le condotte poste in essere dai lavoratori possono risultare lesive della posizione di terzietà e indipendenza del soggetto datoriale che è istituito da un ente pubblico.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal dirigente, confermando la legittimità del recesso irrogatogli.

A cura di WST