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Cassazione: discriminatorio licenziare il caregiver che rifiuta il trasferimento


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Con l’ordinanza n. 13934 del 20.05.2024, la Cassazione afferma che è discriminatorio il licenziamento irrogato al dipendente caregiver che rifiuta il trasferimento in una sede troppo lontana dal domicilio dell’assistito, posto che la normativa sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro non si riferisce solo alle persone disabili, ma si estende anche a chi se ne prende cura.

Il fatto affrontato

La lavoratrice, caregiver titolare dei benefici di cui alla L. 104/1992, impugna giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogatole a seguito del suo rifiuto a trasferirsi in una sede aziendale distante sia da quella di originaria adibizione che dalla residenza del coniuge assistito.
La Corte d’Appello accoglie (parzialmente) la predetta domanda, ritenendo che l'omessa valutazione della particolare posizione soggettiva della ricorrente integrasse una violazione dell'obbligo di repechage e riconoscendo alla stessa (solo) la tutela risarcitoria.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che non considerare la situazione personale del dipendente caregiver e trattarlo, nell’ambito di una riorganizzazione volta all’efficientamento economico-finanziario dell'impresa, in maniera identica ai colleghi direttamente comparabili, integra una discriminazione diretta.

In presenza di tali circostanze, continua la sentenza, incombe sul lavoratore l'onere di allegare e dimostrare il fattore di rischio (la situazione di handicap grave in cui versa il congiunto) e il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe, deducendo al contempo una correlazione significativa tra questi elementi.

Secondo i Giudici di legittimità, laddove il dipendente – dopo essere stato licenziato – riesca ad adempiere al predetto onere della prova, avrà diritto ad essere reintegrato.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della lavoratrice, affermando il suo diritto a ricevere la tutela reintegratoria.

A cura di WST