Con l’ordinanza n. 28171 del 31.10.2024, la Cassazione afferma che la comunicazione scritta del licenziamento risulta valida se inviata all’ultimo indirizzo conosciuto dall’azienda, anche se nel frattempo il lavoratore si è trasferito senza avvertire il datore.
Il fatto affrontato
Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli dalla società datrice, deducendo l’oralità dello stesso.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo il recesso regolarmente intimato in forma scritta, sia per avere il datore depositato la busta raccomandata contenente la lettera di licenziamento restituita al mittente, sia per avere il dipendente impugnata tempestivamente in via stragiudiziale la sanzione espulsiva.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che è valida l’intimazione del licenziamento se inviata presso l’ultimo indirizzo di residenza o domicilio conosciuto dall’azienda, anche se medio tempore il lavoratore si sia trasferito senza avvertire il datore.
Per la sentenza, infatti, opera la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c.
Secondo i Giudici di legittimità, tuttavia, per integrare detta circostanza, non è sufficiente la sola prova della spedizione della raccomandata, ma è, altresì, necessario l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, che dimostrano il perfezionamento del procedimento notificatorio.
Su tali presupposti, la Suprema Corte, ritenendo raggiunta quest’ultima prova, rigetta il ricorso proposto dal dipendente e conferma la legittimità del recesso.
A cura di WST