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Cassazione: ai fini disciplinari non rileva la qualificazione penale dell’addebito


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Con l’ordinanza n. 8154 del 27.03.2025, la Cassazione afferma che per la determinazione della consistenza dell'illecito disciplinare non rileva, di regola, la qualificazione fattane dal punto di vista penale, essendo sufficiente che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione dell'elemento essenziale della fiducia.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per essersi appropriato, per far fronte ad esigenze personali, della somma di € 1.300,00 prelevata dalla cassa del punto vendita ove era adibito.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo legittima la sanzione espulsiva.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva che, al fine della configurazione dell'illecito disciplinare consistente nella sottrazione di beni o di denaro dell’azienda, non è necessario che ricorrano di tutti gli elementi della fattispecie penalmente rilevante dell'appropriazione indebita.

Ciò, secondo i Giudici di legittimità, rappresenta la logica conseguenza delle differenti finalità alle quali è ispirato il diritto penale nella configurazione delle singole fattispecie di reato rispetto al diritto del lavoro.

Nell'ambito di quest’ultimo, continua la sentenza, la condotta disciplinarmente rilevante, con specifico riferimento al profilo di interesse, è quella che, comunque, configuri grave negazione dei doveri scaturenti dal rapporto di lavoro e, in quanto tale, giustifichi l’immediata espulsione del dipendente, a prescindere dal rilievo penale del comportamento.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, confermando l’illegittimità dell’impugnato recesso.

A cura di WST