Con l’ordinanza n. 22636 del 05.08.2025, la Cassazione afferma che, in caso di demansionamento, il danno patrimoniale subito dal lavoratore può essere parametrato anche alla perdita di retribuzioni accessorie, quali le maggiorazioni per lavoro notturno, precedentemente percepite.
Il fatto affrontato
Il lavoratore, deducendo di essere stato demansionato, ricorre giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento del danno da dequalificazione professionale (per l'impoverimento delle capacità professionali), del danno biologico (quale lesione della propria salute psicofisica a causa dell’illecito datoriale) e del danno patrimoniale (a causa della perdita di redditi da lavoro legati al mancato riconoscimento delle indennità per lavoro notturno al quale, prima del demansionamento, veniva adibito in modo fisso e continuativo).
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che l'indennità per lavoro notturno non costituisce un diritto acquisito dal dipendente, potendo il datore assegnare liberamente lo stesso anche ad un turno diverso.
L’ordinanza
La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva che, nel caso di specie, il lavoratore aveva chiesto la condanna al risarcimento del danno patrimoniale (e non al pagamento di differenze retributive non percepite) e, quindi, quale perdita subita piuttosto che come mancato guadagno.
Per la sentenza, quindi, il giudice di merito avrebbe dovuto decidere solo se l'esclusione dal lavoro notturno, conseguente al demansionamento, avesse cagionato la perdita di quel compenso, senza entrare nel merito della questione se il medesimo avesse acquisito o meno il diritto di essere impiegato nel turno notturno continuativamente.
Secondo i Giudici di legittimità, infatti, resta irrilevante che la stessa conseguenza (la perdita dell'indennità) si sarebbe potuta verificare anche in assenza dell'evento dannoso (cioè, senza il demansionamento), perché tale considerazione è inidonea ad interrompere il nesso eziologico tra l'attuato demansionamento e la perdita economica subita.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal dipendente, statuendo la debenza del richiesto risarcimento del danno patrimoniale.
A cura di WST

