Con l’ordinanza n. 26021 del 24.09.2025, la Cassazione afferma il seguente principio di diritto in tema di infortuni “il lavoratore che agisce per il risarcimento del danno ha soltanto l'onere di provare che il fatto sia avvenuto per effetto del lavoro prestato e le conseguenze che ne sono derivate, allegando l'inadempimento datoriale e senza l'onere di provarlo”.
Il fatto affrontato
Il dipendente ricorre giudizialmente nei confronti della società, al fine di vedersi riconosciuti tutti i danni patiti a seguito dell'infortunio sul lavoro occorsogli.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, non rinvenendo alcuna responsabilità datoriale nella causazione dell’infortunio.
L’ordinanza
La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva preliminarmente che, in materia infortunistica, come in ogni altro caso di responsabilità contrattuale, non spetta mai al lavoratore di provare l'inadempimento ovvero la colpa del debitore e, cioè, la violazione da parte del datore di regole a contenuto cautelare, tipiche o atipiche che dir si voglia.
Invero, per la sentenza, una volta che il dipendente ha provato la dinamica del fatto concreto, allegata con la domanda introduttiva, nasce l'obbligo del datore di provare di aver adempiuto a tutte le prescrizioni di sicurezza.
Ciò premesso, secondo i Giudici di legittimità, il datore rimane responsabile non soltanto in caso di violazione di regole di esperienza o di regole tecniche già conosciute e preesistenti, ma anche per la omessa predisposizione di tutte le altre misure e cautele idonee a preservare l'integrità psico-fisica del lavoratore, inclusa la mancata vigilanza sull'uso dei dispositivi di protezione.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal lavoratore, cassando con rinvio l’impugnata sentenza.
A cura di WST